Rif: 207592
PAGANO POGATSCHNIG, Giuseppe (Parenzo, 1896 - Mauthausen, 1945) & LEVI MONTALCINI, Gino (Milano, 1902 - Torino, 1974),Lettera autografa firmata datata 1930
Importante lettera autografa di Giuseppe Pagano Pogatschnig e Gino Levi Montalcini, firmata e datata 15 febbraio 1930, scritta a china su due fogli di carta intestata (solo recto). Nella lettera i due architetti, esponenti di primo piano dell'architettura razionalista, ringraziano Riccardo Gualino, nel giorno dell'inaugurazione dell'edificio, per aver loro commissionato il Palazzo per Uffici di Corso Vittorio Emanuele II a Torino: "Pregiatissimo Avvocato, nel giorno in cui lei inaugura il nuovo ufficio e con la sua autorevolissima presenza collauda il nuovo Palazzo, sentiamo la necessità di esprimerle tutta la nostra affettuosa e profonda riconoscenza per la fiducia che Lei ha voluto sempre dimostrarci e per la grande pazienza e squisita competenza con cui lei ha sorretto e illuminato il nostro lavoro [...] Non potremo mai dimenticare come noi dobbiamo a Lei tutta la nostra gratitudine per averci permesso di realizzare quanto sembrava utopia sognare senza l'intervento della Sua mente e della Sua volontà "
"Si creò in quella occasione una convergenza spontanea tra la ricerca di modernità ed efficienza del committente e l'ansia di sperimentazione dei progettisti, "quasi collaboratori — li definirà Chessa in Domus nel 1930 — perché rare volte si è vista una più stretta collaborazione tra committente ed artista. Gli architetti Pagano e Levi Montalcini trovarono chi li lasciò liberamente esprimere la loro personalità assecondandoli nelle audacie invece di frenarli". Risultato di questa convergenza fu "una delle prime realizzazioni in Italia dell' architettura così detta razionale e finora…certo la più importante", un progetto sospeso tra il dato oggettivo di una efficienza misurabile nella chiarezza organizzativa, nella funzionalità degli spazi, dei percorsi, delle attrezzature, e la sua ideologizzazione, che caricava ogni atto progettuale di una volontà "morale" e didascalica, esprimendosi infine in un processo di estrema semplificazione formale [...] In particolare l'arredamento era costituito da ben 67 tipi diversi di mobili: tavoli, scrivanie, sgabelli, seggiole, poltrone, scaffali, mobiletti portatelefono, cassettiere, banconi, schedari, armadi, disegnati uno per uno alla ricerca di una perfetta rispondenza alle diverse esigenze. Di questi mobili, rivestiti in "buxus", un materiale a base di cellulosa, molto resistente alla tensione e compatto, si cercò di avviare una vera e propria produzione di serie, come risulta da un opuscolo pubblicitario della FIP, fabbrica di proprietà dello stesso Gualino. La produzione fu poi utilizzata prevalentemente dalle sedi di uffici del gruppo, che continuarono ad impiegarli, anche dopo la guerra, per volontà dello stesso presidente, nonostante fossero ritenuti scomodi dal personale. "I nuovi materiali — commenta ancora Chessa — come il "buxus", i metalli cromati e parcherizzati, il cuoio "salpa", i vetri speciali, ecc. vennero adoperati con una larghezza e un'ostentazione che dicono la gioia con cui furono accolti per la novità delle loro applicazioni e delle loro proprietà "
(testo di Emanuele Levi Montalcini, da "Riccardo Gualino. Architetture da collezione" di Luigi Ferrario e Andrea Mazzoli. Istituto Mides, 1984).