Una delle sue più belle foto: due ragazzi nudi che fanno l'amore sulle scogliere di Capri

Stella Cervasio - Repubblica/Napoli, 15 settembre 2016.

Muore a 83 anni il grande fotografo Napoletano Luciano D'Alessandro. Luciano D'Alessandro era la magia della fotografia. Una delle sue più belle foto, due ragazzi nudi che fanno l'amore sulle scogliere di Capri, sembrava costruita su un set magnifico e selvaggio, voluta da qualcuno che la orchestrava, quindi testimonianza di un fatto teatrale, non accaduto veramente. "Invece era vera. Incontrarla è stato casuale, come per molte altre", spiegava lui. Ci vuole del bello e del buono, per cogliere un attimo tanto speciale.

"Ruotavo l'obiettivo a caccia di immagini - diceva lui con candore - e mi imbattei in quella tenera scena". Tenera, sì, niente di morboso, quasi un quadro "naturalista" di Diefenbach, proprio il pittore che girava nudo per Capri: due persone che diventano paesaggio roccioso, come i personaggi di Arcimboldo si fondono con la natura. Fotografia e non solo.

Luciano D'Alessandro, morto dopo una lunga malattia cardiaca nella sua casa di via Calascione - la sola cosa che abbia potuto stroncare il suo amore per la vita e per la conoscenza dell'essere umano - era molto più che un fotogiornalista, era un intellettuale. Purtroppo, dimenticato dalla sua città. Ne soffriva, pur con la dolcezza che lo caratterizzava, più simile a un rimpianto che a un atteggiamento polemico.

Luciano non era una persona brusca, non si adirava mai. Ma era dispiaciuto quando qualcuno mostrava di non ricordare le tante cose che aveva fatto, le epoche di cui era stato testimone e anche protagonista. Era stato ed era un giornalista professionista e un fotografo di grandi giornali - dall'Espresso quando era in formato "lenzuolo", al Mondo di Pannunzio, e aveva lavorato in più di una redazione, anche come interno.

I suoi scatti, anche quelli casuali, come quello della coppia a Capri, non avevano mai niente di rapido, di istantaneo inteso come immagine passeggera.

Le foto che vediamo dappertutto oggi, scattate da chiunque e con ogni mezzo, non appartenevano all'arte di Luciano, che non voleva assolutamente mai essere chiamato "artista", come invece molto fotografi ambiscono a essere definiti. Una lezione di semplicità, la sua, che dovrebbe arrivare a tutti. D'Alessandro sapeva essere semplice e profondo, con una ricetta che oggi è sconosciuta ai più.

Quella dell'amore per il suo lavoro e anche per la sua città, e del rispetto per gli altri. Vedeva Napoli con un occhio internazionale, con lo sguardo di chi ha attraversato il mondo fermandosi solo quando era necessario per portarselo dietro e farlo conoscere a tutti nel modo giusto.

Sicuramente era un uomo "ancora" di sinistra. Il suo rispetto per il lavoro come valore, per le classi sociali oggi spesso bistrattate - che era nelle sue parole, ormai lontane dalla militanza fotografica, aggiornata anche in una grande riflessione sulla questione migranti - e anche l'idea che non debbano esistere muri di alcun genere, come quelli del manicomio di Nocera Inferiore, dove per fotografare "Gli Esclusi" che sarebbe diventato il primo vero documento sulla condizione dei malati mentali, passò molto tempo non solo a studiare i ricoverati e il modo di rappresentarli, ma anche a registrare suoni con un magnetofono per offrire un'idea come al solito a tutto tondo di una realtà difficile da comprendere.

E' strano parlare al passato di Luciano D'Alessandro. La sua contemporaneità è viva persino in una immagine che - lui che ormai usciva poco  con la macchina fotografica al collo - con la generosità di sempre, offrì a Repubblica per illustrare un racconto su uno storico cane di quartiere di Cappella Vecchia, chiamato Eleonora come l'eroina della rivoluzione napoletana del '99.

E' strano parlare così di Luciano D'Alessandro, gran signore dell'immagine e maestro indiscusso in un paese dalla memoria friabile. Sarà sepolto nel cimitero acattolico della sua Capri.

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