Virgina Woolf, Three Guineas

Virgina Woolf, Three Guineas.
Harcourt, Brace and company, New York 1938.
Prima edizione americana.
Per acquistare il libro o richiedere info: cliccare qui

Pubblichiamo l'introduzione di Luisa Muraro a Tre ghinee di Virgina Woolf, uscito in Italia per le edizioni La Tartaruga  di Milano nel 1976. Il libro della Woolf è incluso nei "100 titoli. Guida ragionata al femminismo degli anni Settanta" a cura di Aida Ribero e Ferdinanda Vigliani (Luciana Tufani Editrice, 1998):

"Concepito, scritto e pubblicato negli anni Trenta, fra il 1934e il 1938, in Inghilterra, Le tre ghinee può considerarsi a pieno titolo uno dei grandi libri del femminismo italiano apparsi negli anni Settanta. Lo indicano, per cominciare, le circostanze della sua apparizione fra noi. Il libro, nell'ottima traduzione di Adriana Bottini, appare nel 1975, primo del catalogo di una nuova casa editrice, La Tartaruga di Milano, ancor oggi attiva. In quell'anno, sempre a Milano, si apre la Libreria delle donne, seguita da altre a Torino, Cagliari, Roma, Bologna. È un moltiplicarsi di iniziative analoghe, in tutta Italia. Alla pratica dell'autocoscienza subentrala scoperta della scrittura femminile, intesa in senso forte, come competenza simbolica nei confronti della realtà. In questo contesto Virginia Woolf diventa una figura cult del femminismo italiano, tanto che l'editrice Feltrinelli (che nel 1979 metterà Le tre ghinee della Tartaruga nella Universale Economica) intitolerà Virginia e le altre un suo catalogo dedicato alla letteratura e saggistica di donne. Si è detto che a questa fascinazione avrebbe contribuito anche la fine tragica di Virginia, morta suicida nel 1941. Può darsi, ma ha contato di più il pensiero da lei espresso in questo libro e in un altro, Una stanza tutta per sé, più famoso ma, a mio giudizio, meno dirompente.

Originariamente Le tre ghinee fece la sua comparsa in un contesto che appare molto diverso dai nostri anni Settanta. L'Europa stava allora assistendo all'avanzata minacciosa del fascismo e del nazismo; in Inghilterra, alcuni amici di Virginia, una scrittrice già affermata, la sollecitavano a seguire il loro esempio e ad entrare nelle associazioni antifasciste, a tenere conferenze, a sottoscrivere appelli, ecc., ma lei esitava. (Il libro avrà la forma di una lettera aperta a uno di questi, che le chiede anche un aiuto finanziario: le tre ghinee, appunto). Nel 1936 scoppia la guerra civile di Spagna, e qui muore un nipote di Virginia, Julian Bell, accorso a difendere il governo democratico e legittimo contro il futuro dittatore Franco; Virginia si dedicò ad aiutare la sorella, disperata per la perdita, e decise di scrivere questo libro, cui andava pensando da qualche anno. Aveva infatti capito che cosa la faceva esitare davanti alle richieste degli amici:

Forse non si tratta né di un pensiero né di un'emozione, ma di qualcosa di più profondo, di più fondamentale, di una differenza, forse. E diversi lo siamo, come hanno dimostrato i fatti, per sesso e per educazione. E da quella differenza, ancora una volta, che può venirvi l'aiuto, se aiutarvi possiamo, per difendere la libertà, per prevenire la guerra. Ma se firmiamo il modulo che ci impegna a diventare membri attivi della Sua associazione, sarebbe come perdere quella differenza e quindi sacrificare la possibilità di aiutarvi.

Questa idea ha un'eco profonda nei nostri anni Settanta, segnati dalla violenza sanguinosa dell'estremismo politico e dalla risposta furba o bigotta delle forze politiche al potere. Le parole di Virginia sono squilli di tromba, per tante ragioni. La più forte tocca il senso della differenza femminile; le donne che hanno letto Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, vi riconoscono la stessa intuizione: la differenza c'è, passarle sopra ci priva del nostro punto di forza. Non solo. Quelle che conoscono la pratica dell'autocoscienza, vedono che questa conclusione è guadagnata con lo stesso procedimento: a partire da sé, interrogando le contraddizioni vissute in prima persona e ragionando in fedeltà alla propria esperienza, senza mettersi nel punto di vista di altri.

Gli amici che sollecitavano l'impegno di Virginia erano dei sinceri democratici, al punto da sacrificare la loro vita. Anche lei ama la libertà, dal profondo del cuore. Le due cose, ossia le richieste di quelli e il sentimento di lei, sembrava potessero incontrarsi. Lei non nega che vi sia rispondenza, ma solo in parte, a causa di quella differenza che abbiamo detto, più profonda del pensiero e perfino delle emozioni, così profonda che tende a sfuggire o, piuttosto, ad essere negata. Non da Virginia Woolf. Lei l'ascolta nel sentimento della sua estraneità, l'osserva dentro e fuori di sé, la racconta, l'interroga, fino a scoprire le ragioni che le vietano di fingere che il suo sentimento di avversione al fascismo e alla guerra potesse fare tutt'uno con quello maschile.

È la scoperta del pensiero della differenza e la sua prima formulazione, a mio giudizio ancor oggi insuperata per la finezza del taglio politico e per la qualità del linguaggio. Non vi sono forzature né semplificazioni, non si è disturbate da parole ricercate né da enfasi ideologica; il pensiero procede intenso, puntuale, sfumato, verso le sue conclusioni, che non sono grandiosità verbali ma decisioni pratiche. Alle donne che, negli anni Settanta e dopo, anche ai nostri giorni, si barcamenano fra femminismo e subordinazione alla politica maschile, la Woolf insegna che la differenza di essere donna viene prima e che in questo primato sta la loro indipendenza. L'autrice delle Tre ghinee, infatti, non crede nei diritti, salvo quello di guadagnare soldi con il proprio lavoro. Nell'atto di donare una ghinea, la terza, all'associazione antifascista, dice, con un'ironia che ha qualcosa di definitivo:

Non chiediamo in cambio alcun diritto o privilegio. La donatrice non Le chiede di essere ammessa agli ordini sacri; alla Borsa, e neppure al Servizio diplomatico. La donatrice non desidera essere "inglese" nel senso in cui Lei è "inglese". La donatrice non pretende in cambio il favore di essere ammessa ad alcuna professione; non pretende in cambio onorificenze, titoli o medaglie; né cattedre o incarichi universitari; né alcuna carica in associazioni, commissioni o comitati. Il dono è libero da qualsivoglia condizione perché l'unico diritto di supremo valore per tutti gli esseri umani è già stato conquistato. Il diritto a guadagnarsi da vivere non glielo potete più sottrarre.

L'autrice esclude, ma immagina con impressionante precisione, che un giorno si sarebbe aperta un'alternativa fra il diritto di cittadinanza e il diritto ad avere un lavoro. Non solo, lei mostra di essere anche consapevole che la partita si sarebbe giocata chiamando in causa le donne. La sua risposta è netta, eppure fu malintesa. Parlando di questo libro, Quentin Bell, il primo biografo di Virginia (era anche suo nipote), riferisce un commento piuttosto negativo e sbagliato: "L'aspetto del libro che sembrava negativo era il tentativo d'innestare la discussione intorno ai diritti della donna sul tema ben più tormentoso e immediato di come affrontare la crescente minaccia del fascismo e della guerra". Il commento è sbagliato perché il libro, al contrario, chiude con la questione dei diritti delle donne (tanto che, poco più avanti, la Woolf propone di togliere dal vocabolario la parola "femminista", in quanto si riferisce alla difesa dei diritti delle donne) per aprire, nella lotta al fascismo e alla guerra, tutt'altra prospettiva, che è quella di una critica - a partire dalla differenza femminile - della politica degli uomini, inglesi o tedeschi che siano, con la sua radice di competizione, violenza e narcisismo. La storia si ripete. Ancor oggi, infatti, ogni impegno politico che fa leva sulla differenza femminile per affrontare i grandi problemi dell'umanità, si trova subito addosso l'etichetta di lotta per ''i diritti delle donne''; in realtà è la lotta della parzialità maschile per il posto di pensiero unico universale!
Il libro dunque non fu accolto bene nell'ambiente di Virginia Woolf, né lo sarà, quarant'anni dopo, nella sinistra italiana: gli uomini non lo leggono; le donne che lo leggono non lo capiscono. Ma esso non ha fatto che stamparsi e vendersi, alimentando la cultura politica del femminismo italiano più che in qualsiasi altro paese europeo, Inghilterra compresa. E si vede".