EVIDENCE: la nascita della fotografia concettuale e la sua eredità

"Ognuno di noi è nato dopo che tutto è iniziato e se ne andrà prima che tutto finisca, ci sono inevitabili vuoti in quello che sappiamo del mondo. Per questo forse ci ritroviamo a condividere le stesse domande sull'esistenza…" (Robert F. Forth) 

"Uno dei fotolibri più belli, densi e sconcertanti esistenti, un'infinita scatola visiva di trucchi." (Martin Parr)

Larry Sultan (New York, 1946 - Greenbrae, 2009) e Mike Mandel si conoscono durante un corso al San Francisco Art Institute e nel 1973 iniziano a lavorare insieme. Tra il 1975 e il 1977 si lanciano in un progetto di ricerca che nel 1977 dà vita ad una mostra al San Francisco Museum of Modern Art e alla pubblicazione di Evidence. Questo libro diventa in breve un caposaldo della fotografia concettuale, poiché è uno dei primi a esplorare il rapporto tra le fotografie e il contesto in cui vengono presentate, e a mettere in discussione il valore di verità delle informazioni visive e delle prove documentarie. 



Progetto che prende il via all'interno degli archivi di un centinaio di università americane, società, agenzie governative, mediche e tecnico/scientifiche, archivi statali e industriali, archivi di polizia. Passando al setaccio circa due milioni di immagini i due autori selezionano le 59 immagini che sono diventate la sequenza del libro. Scene del crimine, test di ingegneria aeronautica, esperimenti industriali diventano, in queste pagine, dispositivi per creare nuovi significati attraverso la loro decontestualizzazione e ricollocazione. Si costruisce “un'esplorazione poetica sulla ristrutturazione delle immagini che esprime la brillante sensibilità per l'assurdo e l'acuta consapevolezza degli autori riguardo la complessità che la singola immagine possiede quando viene vista fuori dal suo contesto originale.

Secondo Robert F. Forth, autore della postfazione, da un punto di vista semantico Evidence è paragonabile ai gesti del prestigiatore: attraverso il rapporto fra ciò che è familiare e ciò che non lo è, arriva a suscitare, pagina dopo pagina, un sentimento di sorpresa e incredulità, rimodellando la nostra percezione di vero e falso.

 

Come prima cosa incontriamo nel libro l'elenco delle didascalie che dichiarano la provenienza delle 59 fotografie che seguono, questo escamotage conduce il lettore verso un'aspettativa di scientificità e veridicità che però in breve viene negata. Addentrandosi nella lettura si dimentica il rapporto tra quelle didascalie e le immagini. Dai tre dettagli che aprono la serie “orme su un tappeto di cenere”, “il rilievo di una mano” e “resti di fotografie bruciate” veniamo introdotti in un universo metaforico dominato dalla tecnologia segreta americana degli anni '50. Questi elementi non sono solo oggetti ma anche segni di un'umanità che si adopera, che esplora e costruisce il mondo attraverso la lavorazione dei materiali, facendo rilievi, misurazioni, test, simulazioni e sopralluoghi. 

Sultan e Mandel non furono i primi a lavorare con l'immagine d'archivio. Alla fine degli anni '60 John Szarkowski aveva già presentato Once Invisibile e nel 1973 From the Picture Pressal MOMA, nello stesso anno di Evidence, Ken Graves e Mitchell Payne pubblicavano American Snapshot, realizzato raccogliendo porta a porta immagini amatoriali.

Evidence  è stato quindi un riflesso spontaneo cresciuto all'interno del contesto estremamente fertile in cui gli autori erano inseriti e dell'interesse che si stava sviluppando verso le immagini, private o pubbliche, nascoste negli archivi.

La qualità plastica delle immagini in Evidence e l'atteggiamento dimostrativo dei personaggi ritratti, da un punto di vista formale, hanno contribuito a scardinare alcune regole della rappresentazione fotografica fino a quel momento consentita e conosciuta; si pensi che nelle fotografie compaiono attrezzature, cavi, faretti, sfondi improvvisati con teli, tende, cartoncini. Gli oggetti vengono spesso isolati e presentati frontalmente alla macchina fotografica in modo intenzionale, proprio attraverso l'utilizzo di sfondi e flash. Un modo di fotografare, oggi comune, che negli anni '70 apparteneva solo al settore scientifico e quindi, perlopiù, inedito.

Sultan e Mandel, spostando il contesto di queste fotografie e delocalizzando il loro significato originario, organizzano una sequenza perturbante, che dal radicale iperrealismo riesce ad astrarre e ridisegnare l'idea di realtà. Inventano così nuovi modi di pensare, fare e guardare alla fotografia. Modi che hanno avuto una scia lunghissima, costituendosi come un precedente della corrente concettuale che proprio oggi sta vivendo la sua più grande fortuna, attraverso la ri-presentazione di alcuni topic che questo libro e altri lavori di quel decennio hanno definito.

Vengono in mente libri come Ferox. The Forgotten Archives. 1976-2010 di Nicolas Polli (Skinnerboox, 2018), in cui si può rintracciare un tentativo di ripresa della struttura iconografica del libro, ma anche la ripresa di alcuni elementi formali nelle fotografie, l'immagine di una schiuma espansa come fosse un organismo alieno e vivente; un uomo in abiti da lavoro tecnico sdraiato a terra. O ancora Monsanto: a photographic investigation diMathieu Asselin (Verlag Kettler, 2017), il modo di fotografare il grano isolandolo attraverso uno sfondo bianco che rimane visibile per intero, insieme agli stativi che lo reggono. Machina di Marten Lange (Self-published, 2014) e How to Fly di Pedro Guimaraes (XYZ Books, 2017), che presentano i meccanismi nascosti di apparecchi aerei come fossero organismi umani di arterie, vene, tessuti. Gli aloni lasciati dal fuoco sulle superfici e l'atmosfera sospesa e perturbante di Sleep Creek di Dylan Hausthor e Paul Guilmoth (Void, 2019), l'estremizzazione del grottesco e della modificazione in Wrongdi Asger Carlsen (Morel Books, 2010), la statica gestualità, frontale e dimostrativa, in Stable Vices di Joanna Piotrowska (MACK, 2021), l'organizzazione del corpo e degli oggetti nella costruzione narrativa di The Community di Eli Durst (Morel Books, 2020), la presentazione di scenari contradditori in cui avviene una manipolazione della natura a fini scientifici in PHENOMENA di Sara Palmieri (DITO Publishing, 2022), la messa in discussione delle prove archeologiche e la manipolazione degli archivi museali, presentate da un'estetica sia metaforica e mitologica che chirurgica in Diachronicles di Giulia Parlato (Witty Books, 2023), 

Evidence è stato ripubblicato in edizione facsimile nel 2003 da D.A.P. (Distributed Art Publishers) con una nuova serie di immagini che non erano incluse nel libro originale, più un saggio di Sandra Phillips. Oggi sia questa ristampa che la pubblicazione originale del 1977 sono eccezionalmente rare.

Nel 2022 viene presentata dall'editore inglese MACK un'edizione d'artista in edizione limitata del pittore James White, che raccoglie collage digitali e fotografie manipolate sulla base della serie pubblicata in Evidence. Così come nell'originaria operazione di Mandel e Sultan, le immagini vengono nuovamente interrogate e, in questo caso non solo proposte in un nuovo contesto ma direttamente modificate dal gesto pittorico per assumere una nuova dimensione e nuovi significati formali.



Lista dei libri citati, potete cliccare direttamente sui titoli per acquistare le copie disponibili:

Evidence di Larry Sultan e Mike Mandel (Clatworthy Colorvues, 1977)

American Snapshot di Ken Graves e Mitchell Payne (Scrimshaw Press, 1977)

Wrong di Asger Carlsen (Morel Books, 2010)

Machina di Marten Lange (Self-published, 2014)

Monsanto: a photographic investigation diMathieu Asselin (Verlag Kettler, 2017)

How to Fly di Pedro Guimaraes (XYZ Books, 2017)

Ferox. The Forgotten Archives. 1976-2010 di Nicolas Polli (Skinnerboox, 2018)

Sleep Creek di Dylan Hausthor e Paul Guilmoth (Void, 2019)

The Community di Eli Durst (Morel Books, 2020)

Stable Vices di Joanna Piotrowska (MACK, 2021)

Evidence di James White (Mack, 2022)

PHENOMENA di Sara Palmieri (DITO Publishing, 2022)

Diachronicles di Giulia Parlato (Witty Books, 2023)



articolo di Martha Micali (Libreria Marini)