Pati Hill. L'immagine di un uovo e altri oggetti comuni
"Fare copie è molto vicino a parlare" dichiarò Pati Hill durante un'intervista al New Yorker nel 1980. Il suo libro Slave Days, una raccolta di poesie e fotocopie, era uscito 5 anni prima segnando un'epifania per lei e per un certo tipo di ricerche visive. Qualche anno prima aveva iniziato a conservare vari oggetti in un cesto della biancheria e a riprodurne alcuni utilizzando una fotocopiatrice IBM II. “Per tenere un registro”, disse.
Pati Hill è stata un'inventrice di forme di vita, forme destinate a cambiarla e a mutare il tempo e il linguaggio intorno a lei.
Adoperando una sensibilità ondulante, fatta di attrazione e repulsione verso le cose, la Hill imita e realizza e poi rifiuta diverse forme di vita, ascrivibili tutte alla sua indole: scanzonata e arguta, disillusa e profetica; e ad una certa voglia di fuggire senza mai farlo davvero. Nata nel '21 in Kentucky fu cresciuta dalla madre, rimasta vedova precocemente. Avvenimento che divenne una forte spinta di emancipazione per entrambe. Poi la madre le mise in mano una penna, indicandole nella scrittura un modo di conoscersi. Pati divenne scrittrice. E una miriade di altre cose.
I libri di Pati Hill disponibili e acquistabili attraverso il nostro sito:
Slave Days (Kornblee, 1975)
Letters to Jill. A Catalogue and Some Notes on Copying (Kornblee, 1979)
JILL KORNBLEE GALLERY - Otto artisti della Jill Kornblee Gallery (Plaquette della 897a Mostra della Galleria del Cavallino, dedicata alla Jill Kornblee Gallery, 1981)
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Si inventò la vita di modella appena trasferita dalla provincia a New York; fu scrittrice, pubblicando cinque libri prima degli anni '60 e giornalista, con una rubrica di consigli di arredamento per giovani lettrici; si inventò la vita della casalinga e della moglie, sposando in terze nozze Bianchini, un gallerista proveniente dall'alta borghesia francese, che in futuro descriverà come composta da “grossi animali marini che nuotano in profondità dove nessun altro vuole andare a mangiare”; si inventò la vita dell'antiquaria aprendo un negozio in periferia; e della restauratrice lavorando a una vecchia casa di famiglia del marito.
Poi si avvicinarono gli anni '70, incontrò per caso un designer della IBM. Hill raccontò di un momento di stupore vissuto dopo aver visto i suoi polpastrelli spuntare al lato di alcuni documenti che stava fotocopiando, e disse che aveva sempre preferito le macchine IBM perché restituivano in stampa dei neri fantastici. A fine conversazione lui propose di regalarle una fotocopiatrice e stampante IBM II.
Pati Hill aveva superato i 50 anni e il limite di sopportazione verso le convenzioni strette dell'essere una donna in America in quegli anni. Iniziò a parlare da sè, con il suo codice visivo e con la forza incosciente di un'ossessione. In questo momento Pati Hill come un'Ariete sfonda le pareti del futuro, del suo e del mondo delle arti visive, innova senza fingere virtuosismi, cogliendo con fare oracolare il senso che la ripetizione e la riproduzione assumeranno, semanticamente parlando, in quegli anni e in decenni di arte e critica a venire.
Con il suo nuovo strumento inizia la raccolta e riproduzione di pubblicità e manuali d'istruzione di elettrodomestici. Attirata dai messaggi pervasivi del consumismo in relazione alla routine delle donne, realizza un centinaio di immagini sulle aspirapolvere. Riproduce spasmodicamente una miriade di oggetti provenienti dall'ambiente domestico, scarpe, sciarpe, soprammobili, suppellettili vari, tutto passa sul vetro dello scanner e la sorprende. La scansione e l'immagine che ne deriva sono per Pati Hill “l'immagine stessa dello spazio!”. Le cose sono molto meglio di come sembrano perché le cose non coincidono mai con il desiderio che dovrebbero soddisfare. “In un certo senso, naturalmente, si lavora con gli incidenti. Non si vede il lato dell'oggetto che viene copiato: quel lato si illumina all'improvviso, come colpito da un fulmine”.
Cosa farsene di questi oggetti comuni (e crudeli), ora smascherati e guardati con sospetto? Un compendio scatenato di liberazione e trasformazione che l'Artista ha composto, da quel momento, per tutto l'arco della sua vita, creando diverse serie. In alcuni casi composte da singoli oggetti-fotocopie come in Alphabet of Common Objects (1977-79), altre volte composte da scansioni differenti dello stesso oggetto-soggetto, come in A Swan: An Opera in Nine Chapters (1978), in cui Hill scansiona per 5 settimane il corpo di un cigno trovato nel bosco. “Allo sguardo assolutamente oggettivo della macchina si sovrappone un'inscindibile miscela di tenerezza e ingenuità, una forma di distacco” (Baptiste Pinteaux).
“Questa scatola tozza e poco rivelatrice è alta un metro e mezzo, senza calze né piedi, e si illumina come un albero di Natale qualunque cosa le mostri. Ripete perfettamente le mie parole tutte le volte che glielo chiedo, ma quando le mostro un arricciacapelli mi restituisce una nave spaziale, e quando le mostro l'interno di un cappello di paglia mi descrive le gioie inquietanti di una discesa in un vulcano” (Dall'invito della sua mostra alla Franklin Furnace, 1978)
Questo lavoro di traduzione meccanica dell'oggetto, dagli esiti inaspettati, immaginifici e non mimetici, libera la sua ricerca visiva dal soggettivismo e da qualsiasi idea di aurea dell'opera d'arte e dell'artista e così ricostruisce un mondo oggettuale profondo, dove il nero e la granulosità delle scansioni avvinghiano le cose, sembrano mascherarle e invece le espongono come per la prima volta, e spudoratamente.
L'immagine dell'uovo, “Common Objects (egg)” (c. 1975), ne è uno strabiliante esempio. Riusciamo a riconoscerne la viscosità, distinguiamo le sue componenti. Il cerchio centrale del tuorlo, lo scalino liquamoso che separa alcune parti dell'albume, le bollicine d'aria al suo interno. Ne captiamo la consistenza, ne sentiamo quasi il suono. Vediamo contemporaneamente le sue qualità formali e le sue proprietà chimiche. Lo esperiamo al livello dei sensi, ne ricordiamo l'odore e la consistenza sulle mani. Rimaniamo avvinghiati nella sua materia sconcertante e ammettiamo di non aver mai visto un uovo prima d'ora, prima di questa immagine e di questo uovo.
“Una fotocopiatrice funziona come una calamita, attrae o respinge le cose. Separa le cose, dà loro un vantaggio. Sui grigi, decide sempre da che parte andare, verso il nero o verso il bianco. Tutto è simbolico... Una fotocopiatrice permette anche di continuare a fare copie senza limiti. Si possono mettere insieme le copie come in un mosaico, per sempre, se si vuole.”
La superficie delle cose è compromessa e quindi svelata, impossibile tornare a un livello precedente di consapevolezza. Pati Hill mette in copertina del suo Slave Days (Kornblee, 1975) un orecchino pendente composto da due perle tenute insieme da una catenella. Qualcosa che somiglia a una manetta per piedi, con la palla di ferro agganciata a una grossa catena. All'interno del libro coesistono la gravità del tema e l'ironia sagace dell'Artista. Le xerografie vengono presentate accanto ad alcune poesie da lei scritte “la porta del cielo è aperta a noi come un grande aspirapolvere”.
L'atto della copia diventa attraverso di lei un'assoluta dichiarazione di esistenza, una voce che analizza la compressione strutturale del suo mondo e l'assunzione dell'errore come elemento fondativo di questa cosmogonia di oggetti quotidiani di soggiogamento e sottomissione della forma sociale della donna. In questa analisi vengono coinvolti non solo gli oggetti scansionati ma anche altre tecniche di copiatura, tipicamente relegate al lavoro in ufficio fatto da donne. Nel 1976 espose la serie Dreams Objects Moments, 100 fogli dattiloscritti copiati su fogli di carta colorata, verde per i Sogni, rosa per gli Oggetti, giallo per i Momenti.
Senza alcuna intenzione di assurgersi a soggetto protagonista e simbolico di una lotta di emancipazione, Pati Hill rifiuta anche di auto raffigurarsi attraverso lo scanner e usa le tecniche di riproduzione meccanica per posizionare una critica radicale alla società e anche inevitabilmente alla società dell'arte, profondamente maschilista, fallo-centrica e concentrata sull'idea del divo e del genio.
Nell'opera di Pati Hill sono icone tutti quegli oggetti e pratiche, disposti a regola d'arte dalla società, per tenere le donne nei ruoli che sono stati loro assegnati.
I simboli della sua ricerca sono quindi rappresentati dagli oggetti, quelli che ha a disposizione ovunque intorno a lei, quelli comuni.
La luce dello scanner diventa una lama che cade di botto, una ghigliottina che la separara da quegli oggetti.
Nota Biografica
Pati Hill (Ashland, Kentucky, Stati Uniti, 1921 - Sens, Francia, 2014) è stata un'artista, scrittrice e poeta americana, naturalizzata francese. Pioniera della Xerox Art e delle ricerche sul rapporto tra immagine e testo nell'opera d'arte. Pubblicò romanzi e racconti fino al 1962. Dopo una lunga pausa, in cui si occupò della figlia e di un negozio di antiquariato, nel 1975 uscirà Slave Days, libro d'artista d'esordio, dove compaiono per la prima volta le sue xerografie di oggetti domestici accompagnate da sue brevi poesie. Utilizzando la fotocopiatrice Hill sviluppa una pratica artistica che traduce programmaticamente il lavoro domestico (privato - invisibile) in un linguaggio visivo e pubblico. Fu rappresentata e sostenuta durante tutto l'arco della sua carriera da Jill Kornblee, fondatrice della Kornblee Gallery di New York. Realizzerà per lei il libro d'artista Letters to Jill. A Catalogue and Some Notes on Copying. Alla sua morte, nel 2014, il suo archivio completo è stato trasferito all'Arcadia University di Glenside, in Pennsylvania.
L'opera di Pati Hill gode ora di un nuovo interesse critico. È stata oggetto di una trilogia di mostre organizzate da Baptiste Pinteaux nel 2021: alle gallerie Air de Paris, Parigi, Treize, Parigi, e Ampersand, Lisbona. Nello stesso anno, l'opera di Hill è stata oggetto di mostre istituzionali al Kunstverein München e alla Kunsthalle Zürich. Un importante corpus del suo lavoro, Alphabet of the Common Object, è stato presentato in una mostra collettiva al Whitney Museum di New York.
Questo articolo è stato scritto a partire da diverse fonti online, che rappresentano materiale utile per approfondire ulteriormente la produzione dell'Artista, a seguire elenchiamo le principali:
PATI HILL - Saggio di Baptiste Pinteaux
PATI HILL Portfolio - opere, installation view, libri, mostre, testi, poesie
SLAVE DAYS - il libro
PATI HILL: Photocopier—A Survey of Prints and Books (1974-83) - Arcadia University Art Gallery
Richard Torchia - Articolo
Samantha Dylan Mitchell- Articolo
Meredith Sellers - Recensione
L'ARCHIVIO PATI HILL
L'archivio Pati Hill. Arcadia University
VIDEO
"Pati Hill, dans le film de Claude Torey, Toréador, 1983."
Tutte le immagini sono di proprietà dell'Archivio Pati Hill, Arcadia University, Pennsylvania
Grazie per essere arrivati a leggere fin qui! Martha Micali