Il Bambino di Scanno: fu scattata nell'ottobre del 1957?

La datazione della foto è uno dei temi affrontati da Simona Guerra ne “Il Bambino di Scanno”, racconto-reportage sulla storia della celeberrima fotografia di Mario Giacomelli scattata negli anni Cinquanta (Edizioni Postcart, agosto 2016). Questa immagine piena di magia è sempre stata avvolta da un'aura di mistero riguardante la sua storia e le modalità con cui è stata scattata. A distanza di sessant'anni Simona Guerra, nipote del fotografo, è tornata sulle tracce del Bambino e ha raccontato il suo viaggio attorno a questa fotografia, nei luoghi dello scatto, fra la gente e i vicoli di Scanno. Il volume è corredato da materiali inediti come immagini, provini, lettere e documenti d'archivio per la prima volta visibili al pubblico. Tra i fac-simili allegati in una busta applicata in quarta di copertina anche la lettera del 30 ottobre 1964 con cui Pietro Racanicchi comunicava a Giacomelli che la sua foto “Scanno” era stata selezionata ed accettata per la grande mostra The Photographer's Eye curata da John Szarkowski al Moma di New York.
Riportiamo qui alcuni brani del libro:

“Una domenica umida e grigia, mi trovavo a passeggiare per la città, cercando di dare un senso a un malinconico pomeriggio di ottobre. II pensiero che ormai stava rimanendo poco del giorno festivo e che in autunno le ore di luce vanno calando mi amplificava la tristezza [...] Più tardi incontrai Lisa; chiacchierammo delle solite cose, tra amiche, cenando e scaldandoci dentro a un locale affollato. Mentre stava addentando la sua pizza le dissi che avevo deciso di andare a Scanno:
- Vieni?
Smise di masticare e mi guardò sorpresa. Col boccone ancora in bocca domandò:
- Quando?
Non chiese insomma quello che mi aspettavo domandasse, ovvero a fare cosa. Dopo si affrettò a dirmi che a Scanno non c'era mai stata, che le sarebbe piaciuto venire, ma che era un periodo difficile, pieno di impegni, di doveri
familiari e di lavoro. Poi ci pensò un attimo e mi domandò:
- A fare che?
- A cercare un bambino.
- Davvero? Il bambino?!
Le feci cenno di sì. A quel punto i suoi occhi scuri si erano illuminati e aveva sorriso al pensiero di ciò che significava quell'invito. Non mi chiese altro; aggiunse solo che avrebbe fatto in modo di incastrare ogni cosa pur di esserci e abbracciandola al momento dei saluti, quella sera, col naso fra i suoi capelli ricci profumati di tabacco, capii che a Scanno ci sarei andata insieme a lei […]
Il Bambino di Scanno non viveva più lì. Lo venni a sapere poco dopo aver scoperto il suo nome. Da ragazzino era stato mandato a L'Aquila a studiare presso un convento di suore, mentre più grande si era trasferito con la sua nuova famiglia in Toscana. Non avevo chiesto tante altre cose di lui dopo aver saputo che era vivo. Era come se il gioco si fosse rotto; come se quella voglia grande di indagare su di lui si fosse improvvisamente esaurita. II giorno dopo avevo combinato un incontro con sua madre al solo scopo di verificare, tramite le fotografie scattate allora, che il bambino fosse proprio lui.
Davanti al sagrato della chiesa di sant'Antonio, seduta sulla stessa panchina presso la quale avevo incontrato anche la madre di quell'uomo ora in carcere, vedevo seduta e impaziente la madre del bambino.
A vederla da lontano mi venne inevitabilmente da pensare che un cerchio si stava chiudendo: lì era stata formulata la mia domanda su chi fosse quell'uomo, e lì avrei trovato la risposta.
Una volta più vicina, la signora che mi attendeva, sembrava ancora più minuta di quanto mi sembrasse in lontananza. Con il suo abito semplice in tinta con le babbucce di lana, i suoi capelli bianco latte, ordinati, e due occhi chiarissimi pieni di vita, sembrava un essere fragile eppure allo stesso tempo trasmetteva quella grinta che solo le donne d'altri tempi possiedono: quella determinazione conferita dall'esperienza della vita stessa, dalla sua durezza, in grado di far emergere in un lampo, in me, il meraviglioso ricordo di mia nonna Olimpia.
Mi stringe la mano con forza e con il suo sorriso rugoso e fiero mi dice subito:
- Piacere signorina. Mi chiamo Teopista. E' un nome greco! II nome della moglie di Sant'Eustachio, protettore di Scanno.
- Buongiorno signora. Grazie per avermi voluta incontrare.
- E di che?! Mi faccia vedere la foto.
Sembra davvero ansiosa di vederla, o curiosa. II suo modo di andare diritta al sodo mi fa sorridere. La tiro fuori dalla tasca e gliela mostro. Lei esclama subito:
- E' lui! E' lui!
Sorride di gusto, agitata come una bambina. Poi indicando le due donne in primo piano:
- Questa a sinistra si chiama Sapienza Fronterotta, quest'altra a destra si chiama Paolina De Crescentis, vedova Mosè. E poi se mi metto gli occhiali riconosco pure le altre.
- Beh, le altre sono figure cosi piccole signora, non credo che...
- E vabbe', comunque, lui rientrava qui, dopo la messa, e c'hanno fatto questa foto. E l'hanno messa sul giornale, l'hanno messa in esposizione. Mia nipote, che ha studiato, un giorno è andata in Trentino e dentro a un museo ha visto la foto di suo padre! Allora la voleva fotografare, ha chiesto pure il permesso ma le hanno detto di no! Ma quello era suo padre!
- Ma allora anche lei sapeva già di questa foto?
- No. Me l'ha riferito mia nipote, come le ho detto. Ma come si chiama 'sto artista?
- Mario Giacomelli. Magari lei ricorda il giorno in cui lui è venuto a fare la foto?
- No. Non l'ho visto per niente! E nemmeno Claudio se lo ricorda.
- Dovrebbe averla scattata nel 1957...
- Beh, Claudio è del 1954; vuol dire che in questa foto aveva quasi quattro anni.
[…] Le chiedo poi altre foto del bambino che mi comprovino la somiglianza con quello di Mario e lei mi mostra una serie di foto ricordo davvero impressionanti per la somiglianza che le accomuna. Fra queste una mi colpisce particolarmente. La foto mostra un gruppo di persone in cui il bambino è in posa con il resto della famiglia. Mentre gli altri sono nella classica posizione del soldatino, con le braccia rigide e dritte lungo i fianchi, come si posava una volta, il Bambino di Scanno tiene i suoi due pollici nelle tasche e il resto delle dita fuori. Come dire: un mezzo soldatino. Ricordando le mani in tasca del ragazzo nella foto di Mario, mi venne in mente che era come se proprio non ce la facesse a tenerle fuori di lì, esattamente come dimostrava nel suo ritratto più famoso.”

“Il 19 Ottobre del 1957 Mario Giacomelli partì per Scanno, piccolo paese in Abruzzo, assieme all'amico fotografo Renzo Tortelli.
In più occasioni, parlando delle motivazioni che lo avevano spinto ad andare, Giacomelli si espresse dicendo che lo aveva colpito un racconto di un uomo su questo paese in cui gli animali circolavano liberi, le macchine non potevano girare per via dei tanti scalini e dove la gente si vestiva tutta di nero.
In realtà sembra impossibile che egli non conoscesse già la notorietà di Scanno, dato che da tempo questo paese rappresentava per i fotografi una meta molto battuta. Anche sulla scia delle grandi indagini etnologiche intraprese da molti ricercatori e fotografi, il sud Italia conservava nell'immaginario collettivo quel pizzico di esotismo assente nel resto del Belpaese; inoltre, essendo Scanno uno dei luoghi più suggestivi del sud Italia, nel 1951, il fotografo Henri Cartier-Bresson vi aveva realizzato un reportage di straordinaria bellezza.
Il viaggio di Mario iniziò in treno, di sera tardi. Da Senigallia, la sua città, arrivò fino a Civitanova Marche, dove ad attenderlo c'era l'amico Tortelli con cui, su una piccola Cinquecento, intraprese il viaggio di notte per arrivare all'alba del sabato 19 […]
All'inizio Mario mi disse che quel suo viaggio nel 1957 fu l'unico in cui scattòdelle fotografie a Scanno con granmde passione e trasposrto. Disse che successivamente tornò in quel ‘paese da favola' una sola volta, nei primi giorni di maggio del 1959, ma che comunque, in questa seconda occasione, quasi non scattò, perché per lui il luogo aveva perso quella magia iniziale. In realtà da molti documenti sappiamo che egli tornò a Scanno molte altre volte successivamente, in special modo dopo che la sua fotografia più famosa divenne nota nel mondo.
All'inizio la data dello scatto è sempre stata dichiarata da Mario il 1957, mentre più avanti nel tempo, sui cataloghi, alle mostre e in alcune interviste egli iniziò a dichiarare due date per il lavoro fatto a Scanno: il 1957 e il 1959. Ferma rimaneva sempre la sua posizione sul fatto che la seconda volta quasi non aveva scattato per i motivi di cui sopra. Quali fotografie dunque sono state realizzate nel 1957 e quali nel 1959? Ma soprattutto in quale anno dei due è stata realmente scattata la fotografia del bambino? Ciò rimane per ora un mistero.”

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