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GARRUBBA, Caio Mario (Napoli,1923 - Spoleto, 2015)Caio M. Garrubba photographs

Roma,  Peliti Associati 2000 - Prima edizione (First Edition)

Fotografie a colori e in bianco e nero di Caio Mario Garrubba. Testo di Diego Mormorio al retro della sovraccoperta

4to (cm 32,5 x 32,5),  pp. 80 Rilegato, sovracoperta (hard cover, dust jacket)  Ottimo (Fine)

“Caio Mario Garrubba (Napoli, 1923 – Spoleto, 2015) legato a quella cultura di sinistra che vide nell'Unione sovietica e nei paesi del socialismo reale una promessa e una speranza, seppe fotografare questa realtà sempre con un occhio disincantato, ma costantemente partecipe delle persone e del fattore umano. Da qui una fotografia che non è testimonianza oculare della Storia di un secolo, ma dell'umanità e della vitalità che l'hanno mossa. (…) Lo si poteva incontrare alle due di notte in un night club di Berlino Est, in piena Guerra fredda, mentre sorseggiava champagne sovietico, o in un'assolata via di Madrid a mangiare gamberetti e a studiare volti e gesti dei passanti. Taciturno e silenzioso come un gatto sornione pronto a “scattare” – così lo definiva lo scrittore, e fotografo, Ermanno Rea –, a chi gli chiedeva perché usasse un'attrezzatura così elementare (una fotocamera Leica e qualche obiettivo in più), Caio Mario Garrubba rispondeva che le fotografie “si fanno con la testa e non con le macchine”. A un'antipatia a pelle per i potenti, che cercava di riprendere nei momenti più “fetenti”, come lui stesso racconta, faceva corrispondere una passione incondizionata per le persone che incontrava per strada, che sono diventati nelle sue immagini i soggetti straordinari di uno dei più profondi sguardi fotografici del secondo Novecento”. (Redazione - Archivio Luce, 19 aprile, 2019).

"Caio Garrubba ha fotografato abbastanza Napoli e la Calabria - che sono i luoghi da cui egli proviene - e moltissimo i paesi di quello che fu il mondo comunista - soprattutto la Polonia, la Germania, l'Urss, la Cina. Usando ancora le parole di Parise, si può dire che, per essere telegrafici, si può definire Garrubba il fotografo del comunismo. Ma già allora, nel 1983, l'autore del Prete bello si chiedeva: di quale comunismo? Non di quello relae, della dittatura e della burocrazia, bensì di quello fissato nella speranza" (dal testo di Mormorio).

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