Enrico Crispolti. estratto dal catalogo n. 72. Galleria Schwarz. Milano. Maggio 1967
"La sua vocazione ad una scultura intimamente "narrativa" Alik Cavaliere la ha manifestata molto presto. dallo scorcio degli anni Cinquanta. circa dieci anni fa. quando dava ai protagonisti dei suoi "giochi proibiti" un movimento d'articolazione e distensione nello spazio. così da rifuggire dalla tradizionale misura di una scultura che. per essere nobilmente tale. non potesse che essere centripeta. bloccata attorno ad una massa incontestabile. Cavaliere vi contestava invece proprio quel concetto di massività inderogabile della scultura. agendovi invece centrifugamente. Ricordo questa partenza per indicare. intanto. come essendo oggi Cavaliere di una nuova scultura intimamente narrativa uno dei maggiori protagonisti. ne sia stato di fatto anche un iniziatore. un pioniere. Di "Gustavo B." era ricostruita quasi l'intera vicenda terrena. dalla nascita. anzi da "I predecessori". alla morte. anzi a "L'eventuale sonno eterno di G.B."; e lungo quest'arco tutti i suoi incontri. Un'ampia vicenda narrativa dunque. un vero e proprio articolato racconto. tessuti attorno ad un personaggio ben definito. addirittura nominato. emblematicamente nostro simile. Due elementi estremamente significativi per gli svolgimenti successivi e fino per i più recenti della scultura di Cavaliere giocavano un ruolo a parer mio con tutta evidenza formativamente determinante in quel racconto s'è detto emblematico. e nel quale si mescolano commedia e tragedia. banalità e invenzione. ironia e abbandono: l'ironia appunto e l'artificiosità. Ironia narrativa. dell'orditura stessa del racconto. ironia sull'immagine umana. sulla sua presunzione d'integrità. di priorità. ironia sulla città. ironia sulla natura. ironia sul sacro ambito tradizionale degli affetti domestici. ironia sulle clausole dei rapporti sociali. di lavoro. sentimentali. ironia infine sulla scultura. sfuggendo ai suoi destini di massività monumentale. alla sua incapacità di flessione narrativa e persino descrittiva. L'artificiosità: l'antinaturalismo. il negare allo sviluppo narrativo la banale e scontata conseguenzialità positivistica del racconto. e quindi il suo continuo spiazzamento. il suo continuo gioco di rimandi. di interferenze. d'allusioni. il suo procedere sempre per termini disparati. liberissimo. Su tali premesse non poteva essere difficile interpretare nel suo retto senso l'immersione "naturalistica" che ha contrassegnato il successivo passaggio della ricerca di Cavaliere. In una personale alla Galleria Schwarz. e poco dopo alla Biennale veneziana del '64. Cavaliere si dedicava infatti ad una tematica vegetale. agli alberi e ai frutti con (...) non certo un intento naturalistico. e tuttavia certo utilizzando il naturalismo. persino appunto a livello di veristica puntualità. Utilizzazione appunto in chiave ironica. come strumento ulteriore d'una dichiarazione d'artificiosità: perchè tale è la condizione della natura non soltanto entro l'orizzonte dell'uomo cittadino. ma addirittura nella sua stessa condizione ambientale tradizionale. oggi: una natura innaturale. artificiosa. nella sua forzosa preservazione. E per il cittadino rara. persino arcana. come sopraggiuntagli da un altro pianeta. Ed ecco che. al processo di radicalizzazione della polarità veristica se ne accompagna. nella scultura più recente. un altro. di segno completamente opposto. qual è l'utilizzazione di schermi a specchio. di diaframmi trasparenti. in qualche caso di ritorni cromatici. Lo specchio infatti. se interrompe nella sua collocazione a coltello la verosimiglianza di svolgimento naturale dell'oggetto vegetale. s'incarica poi di moltiplicarne l'immagine. i punti di vista. quasi s'incarica di condurne una sorta di ulteriore illustrazione. di potenziarne insomma la presenza veristica. Intervento malevolo. perchè quella verosimiglianza moltiplicata s'accusa così per artificiosa anch'essa. per estranea. estrapolata com'è. dal suo habitus naturale e diviene il termine appunto d'un gioco il cui esito ultimo è di allarme ontologico: come se insomma la duplicazione magrittiana dell'immagine nozionale quotidiana acquistasse qui una sorta di moltiplicazione. di possibilismo ancor più insinuante. non trattandosi solo d'una logica contraddetta quanto d'una logica rifranta. dilatata. accerchiata. frammentata. polverizzata nei suoi nessi capitali. giacchè ciò non accade capovolgendo la logica comune. bensì rifrangendola appunto in un possibilismo illimitato".
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