Album 9-68. 2-71. Fabio Sargentini e la galleria l'Attico negli anni di via Beccaria, con testimonianze e fotografie d'epoca
Maria Elisa Massetti
“La vita corre parallela all'arte talvolta accade che s'intersechino per riprendere poi a tracciarsi a fianco. non essendo io un artista ma occupandomi anche di arte e di coloro che hanno un problema creativo ho avuto una splendida possibilità di seguire ad un tempo le tracce parallele senza optare per una.”
Con queste parole, Fabio Sargentini (Roma, 1939), animatore nonché proprietario della Galleria L'attico di Roma, apre il volume che oggi andiamo a vedere più da vicino Album 9-68. 2-71. La serie numerica che si legge nel titolo si riferisce al periodo storico che il testo affronta, con testimonianze fotografiche e letterarie degli artisti che parteciparono alla vita della galleria, negli anni in questione.
La parabola storica de L'Attico, è caratterizzata da una straordinaria longevità ma da un ancora più straordinaria vitalità. Nasce nel lontano 1957 a piazza di Spagna per volontà di Bruno Sargentini che accompagnato dal figlio Fabio, propone ai collezionisti della capitale opere di Lucio Fontana, Victor Brauner, Giuseppe Capogrossi, Jean Fautrier e molti altri artisti di quella generazione, che attraversate le due guerre, ritrovano il pubblico lustro.
Il 1968 è un anno di non ritorno per la storia occidentale e anche per la galleria L'Attico, che per volontà di Fabio, lascia la monumentale e passatista piazza di Spagna, per trasferirsi in un garage di via Beccaria. Lo spazio è enorme e può finalmente raccogliere le prorompenti novità dell'arte contemporanea, che nel frattempo hanno chiuso con il museo, il piedistallo e il cavalletto. Il pubblico, l'artista e il luogo espositivo cambiano connotati e allora ecco che nella rimessa di Sargentini entrano i dodici cavalli di Jannis Kounellis e le tartarughe di Vettor Pisani. Quest'ultime fra l'altro, presenti nel libro, in una foto di Claudio Abate, amico e fedele fotografo delle attività della galleria ma anche della famiglia Sargentini stessa.
Il triennio che Album 9-68. 2-71 affronta è particolarmente fecondo per L'Attico che riesce a coinvolgere artisti nazionali e internazionali, astrattisti, “militanti” di Arte Povera e performers. Quest'ultimi saranno presentati in galleria da Simone Forti, protagonista indiscussa delle prime pagine del libro. La Forti è un'artista americana, pietra miliare della danza postmoderna, che nel 1969 con Sargentini organizza il festival Danza Volo Musica Dinamite e porta a Roma La Monte Young, Steve Paxton, Deborah Hay, Trisha Brown. Per molti di loro è la prima apparizione in Europa.
Quello che bisogna dunque immaginarsi quando si pensa a L'Attico di quegli anni è senza dubbio un brulicare di persone e idee, un via vai di artisti e presunti tali e uno scambio effervescente e incalzante di pensieri e punti di vista differenti. Non mancano le polemiche contro le istituzioni e i loro vincoli ma l'arte si continua a fare, pensare e vivere sotto una nuova stella di libertà. A dirla alla Saussure, i significanti e significati dei semi arte e opera sono stravolti, ma non per questo scomparsi.
Fabio Sargentini è indubbiamente un protagonista della intemperie culturale e artistica di questi anni e fra i suoi più cari amici c'è Pino Pascali che scompare tragicamente l'11 settembre del 1968. Nonostante Pascali non abbia preso parte alle attività della galleria negli anni riportati nel titolo, è comunque un protagonista indiscusso del libro. L'artista viene citato nell'introduzione e la prima foto di Mario Cresci che vediamo sfogliando questo è album è proprio il feretro di Pascali portato a spalla dagli amici.
Per saperne di più: Galleria L'Attico e Fabio Sargentini : https://fabiosargentini.it/
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