L'artista del mese: Giacomo Manzù

Si inaugura il prossimo 8 dicembre (fino al 5 marzo 2017) la mostra "Manzù. Dialoghi sulla spiritualità, con Lucio Fontana" nella doppia sede di Castel Sant'Angelo a Roma e del Museo Giacomo Manzù di Ardea. L'intento è di mettere a confronto i due grandi artisti del Novecento italiano sul tema dell'arte sacra.

E sul misticismo di Manzù scriveva già Anna Pacchioni in una delle prime monografie pubblicate sull'Artista (Giacomo Manzù. Milano, Edizioni del Milione, 1948):
"Si è parlato dell'infanzia di Manzù trascorsa nell'ombra delle chiese e dei chiostri bergamaschi e si è collegato il suo 'misticismo' a quelle prime impressioni [...] Indubbiamente tutte queste suggestioni esterne hanno agito sul sentimento di Manzù e sulle sue soluzioni figurative, ma è difficile precisare in che modo si siano incontrate con gli strati più profondi del suo animo. In che modo il 'misticismo' suggerito dalla visione continua dei riti accanto al padre sagrestano, legato a impressioni di ritmo e di suono, sia stato assorbito ed inteso dal suo temperamento sensuale. E come la dolcezza e la pace dei riti osservati nella prima infanzia, abbia attutito in lui una forse inconsapevole, ma certo pungentissima ironia".

Giacomo Manzoni nacque a Bergamo nel 1908 da Antonio, calzolaio e sagrestano a Sant'Alessandro in Colonna e da Maria Pesenti. Dopo l'apprendistato in una ditta di intagliatori, doratori e stuccatori e un breve soggiorno a Parigi, nel 1930 si trasferì nella Milano modernista frequentata da Carlo Carrà, Lucio Fontana e Fausto Melotti, cominciando a firmarsi "Manzù". Nel 1938 ebbe la sua prima sala personale alla XXI Biennale di Venezia. Nel 1939 eseguì la prima Crocifissione (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna) ispirata alla guerra. Crocifissione e Deposizione sono i temi che riunirà sotto il titolo Cristo nella nostra umanità, ai quali si dedicò maggiormente durante la guerra. Nel 1940 iniziò la sua attività didattica all'Accademia di Brera, da dove passò subito "in prestito" all'Accademia di Torino (dove rimase fino al 1954). Finita la guerra, Manzù incontrò la milanese Alice Lampugnani, che gli si era rivolta per avere un ritratto del figlio e che acconsentì a diventare sua modella per un centinaio di disegni, una testa, due busti e il celebre bronzo dal titolo Grande ritratto di signora. Nel 1947 si era svolta una vasta e completa personale a cura di Lionello Venturi a Palazzo Reale di Milano con circa 50 sculture e un centinaio di disegni. Proprio in occasione di questa esposizione iniziarono le polemiche dei giovani, sempre più orientati verso l'astrattismo internazionale, per i quali Magnelli, Licini e Soldati erano i soli che avessero rappresentato l'avanguardia d'Italia negli anni Trenta (le polemiche saranno destinate a diventare sempre più accese fino alla frattura culturale degli anni Cinquanta tra realismo e astrattismo). Nell'ambito di questo dibattito, non senza discussioni, viene assegnato a Manzù il premio alla Biennale di Venezia del 1948.
Intanto Manzù aveva deciso di partecipare al concorso per la realizzazione di tre porte della basilica vaticana, di cui una fu da lui ideata ed eseguita nell'arco di oltre un decennio, dal momento del suo incarico ufficiale nel 1952. Entrato in contatto con Giovanni XXIII, bergamasco e di umili natali come lui, Manzù fu incaricato di realizzare diversi esemplari del busto del pontefice, alcune teste, l'emblema del concilio ecumenico Vaticano II per il pavimento del portico di S. Pietro e, dopo la morte del papa, la maschera e il calco della mano destra di lui.
Divenuto ormai artista di fama internazionale espose in numerose mostre in Italia e all'estero e ricevette importanti riconoscimenti (divenne anche accademico di S. Luca). Nel 1964 intanto decise di ritirarsi in campagna, in prossimità di Aprilia, dove trasferì casa, studio e fonderia; non molto distante, ad Ardea, nel 1969 inaugurò la sua "Raccolta Amici di Manzù", esposizione permanente, aperta al pubblico nel 1981.
La Raccolta è composta da oltre quattrocento opere fra sculture, dipinti, incisioni, gioielli e medaglie, disegni.
Nell'ultima fase della sua carriera il M. si dedicò prevalentemente a temi laici e sensuali, che replicò in numerose opere conservate presso la Raccolta Manzù di Ardea.
Nella fase tarda della sua carriera si interessò anche alla medaglistica, realizzando, per esempio, su commissione papale, un esemplare per gli ottant'anni di Paolo VI nel 1977 e l'anno dopo uno per il bicentenario del teatro alla Scala.
Il disegno e l'arte grafica in generale furono per Manzù un'occupazione importante. Realizzò infatti  illustrazioni per libri tra i quali le Laudi di Iacopone da Todi (Milano, Uomo, 1945), Le Opere e i giorni di Esiodo (Roma, Edizioni dell'Elefante, 1966), l'Edipo re di Sofocle (Verona, Officina Bodoni di Giovanni Mardersteig, 1968), Il falso e il vero verde di Salvatore Quasimodo (Milano, Schwarz 1954), l'Odissea nella traduzione dello stesso Quasimodo (Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1977).
Tra le sue ultime opere la scultura in bronzo, alta m 6,50 raffigurante la Madre col bambino che nel 1989 venne inaugurata a New York, di fronte al Palazzo di vetro, nel piazzale delle Nazioni Unite. Manzù morì nella sua casa di campagna nel 1991.
[informazioni tratte da: Enciclopedia Treccani online, "Giacomo Manzù", Edizioni del Milione 1948, "Manzù. L'uomo e l'artista", De Luca 2002]

Per l'elenco completo delle opere (cataloghi, libri con incisioni originali, stampe) di Giacomo Manzù al momento disponibilicliccare qui